Panda in America Latina: ultimo rimasto
Nello zoo di Chapultepec (Messico), vive Xin Xin, l’ultimo panda in America Latina, ma perché?
La storia dell’ultimo panda in America Latina
Dato che la Cina sta compiendo notevoli sforzi per preservare i panda, ha attuato un programma volto a bloccare l’allevamento in cattività di questi simpatici animali.
Questo programma, chiamato Diplomazia dei Panda, è stato lanciato negli anni Settanta, in quanto, prima della suddetta iniziativa, essi venivano portati via dal loro habitat naturale per essere offerti come doni diplomatici ad altri Paesi.
A oggi sono 26 zoo dislocati in 21 nazioni differenti che ospitano un panda.
Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta si è inoltre verificato un cambiamento: era permesso allevare panda in cattività, a patto che i cuccioli venissero inviati in Cina, così da reintegrarli in natura ed evitare l’estinzione della specie.
Per quanto riguarda invece Xin Xin, esemplare femmina, non ha mai messo al mondo piccoli ed è già arrivata alla menopausa.
Chi è Xin Xin
Xin Xin è un esemplare femmina di Ailuropoda melanoleuca (panda gigante) di seconda generazione, ovvero nata e divenuta adulta in cattività, senza mai essere riportata in Cina per tornare nel suo ambiente naturale.
Adesso ha 32 anni e, rispetto alla normale aspettativa di vita di questi animali che corrisponde a circa venti, ha battuto un grande record.
Lei potrebbe essere l’ultimo panda in America Latina, poiché a seguito di una modifica della diplomazia dei panda, avvenuta nel 1984, gli Stati avrebbero potuto pagare il governo cinese per tenere nuovi animali, ma quello messicano sta vagliando l’idea di non farlo più.
Ecco le motivazioni.
Zoo: si o no?
Gli zoo sono da sempre stati materia di dibattito, perché incapaci di assicurare la massima libertà agli animali che lo abitano.
Dovete però tenere presente che queste strutture si sono rivelate alquanto benefiche per i panda, in quanto sono stati salvati dall’estinzione e numerosi cuccioli sono tornati a vivere in natura.
Alcuni animalisti si domandano però se esistono modalità alternative in grado di evitare la messa in mostra di questi esemplari bianchi e neri.
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